Dalla finestra... questa è la domanda più dolorosa. Non è casa mia, in città, lontano dalle mie campagne, dalla mia famiglia, con inferriate alle finestre che più che una cassaforte mi sembrano una prigione. Quando mi affaccio mi manca il respiro: solo condominii, seppur colorati, ingrigiti da zanzariere e sbarre. Non è casa mia... mi toglie il respiro.
Riscopro l'importanza della respirazione e dell'immaginazione come mezzi di rilassamento e di svago. Sospiro pensando che a casa mia avrei già visto sbocciare le rose, crescere l'erba, sentito il tipico profumo di tiglio lungo il viale... non l'avrei mai detto prima: l'unica finestra che mi ha dato speranza è il cellulare: quattro finestrelle con i miei fratelli e la mia mamma, sorridenti nel momento del nostro incontro virtuale. La fratellanza è la cosa che non mi ha fatto sentire mai sola, soprattutto ora in epoca di pandemia. Mi manca il contatto, anche quello fisico: nella nostra famiglia ce n'è sempre stato tantissimo.
Ho accusato il colpo soprattutto all'inizio, quando tutte le routine sono state spezzate. Niente nido, niente scuola, niente lavoro, niente amici, niente parenti. Solo tv che infonde paura e parole minacciose.
Rivaluto l'importanza del rito e della routine quotidiana.
E allora la ricreiamo anche a casa: sveglia presto per prepararsi. Vesto bene le bimbe per andare a scuola, ma la scuola è il tavolo della sala; il nido è accanto al divano, dove un cartone diventa la tana dell'orso dove giocare insieme a leggere libri onomatopeici. Loro sono vestite, io in pigiama spettinata. Ricordo l'importanza di spegnere la tv e riscoprire la lettura, come svago, mezzo di comunicazione e interazione, interpretazione delle emozioni. Anche la paura, che si può superare conoscendola...
E in tutto questo la mamma è un punto di riferimento. La mamma non può cedere, allora mi curo anche io. Anche se qualche lacrima sfugge. Sincerità. Dialogo. Collaborazione del marito. Affetto delle figlie che fingono di aver bisogno di coccole, quando il bisogno ce l'hai tu. Ci si può permettere di avere bisogno! Ci si può permettere di chiedere.
L'ENORME importanza della comunicazione, del contatto con tatto! L'importanza della verità: non ha senso indorare la pillola. I bimbi sono molto più intelligenti di quanto pensiamo. E più sensibili: chi l'ha vissuta peggio è forse la bimba di 3 anni, che chiedeva ogni singolo giorno quando avrebbe potuto giocare con gli amici, ed esordiva ogni discorso- telefonata (anche immaginaria) con "Eh, io sono a casa..." come fosse in punizione per qualcosa. Sensi di colpa? Rassicurazioni.
"Faccio ogni giorno il meglio di me con il meglio che ho." E il mio meglio siete voi, ma anche la mia disperazione. Le rose... il fiore più profumato e quello più spinoso. Di nuovo fraternità: legami che si rafforzano. La grande che si prende cura della piccola, attraverso lo stesso massaggio e il canto, nel momento di una crisi di pianto.
Quanto si piange di più! Quanto si urla di più! Quanti bisogni davamo per scontati, che all'imporovviso non vengono più soddisfatti? Il Contatto... distanziamento sociale.
Preoccupazioni che tolgono il sonno. Raccolgo alla mente le tecniche imparate e proposte, di nuovo respirazione, letture, contatto.
Incontro al nido, finalmente, per ritirare il materiale e salutare le maestre di un ultimo anno sospeso senza avviso, senza un ciao.
La consegna asettica dei vestiti in un bustone da pattume con guanti e mascherina, la bimba attaccata alla rete del giardino che allungava una mano per salutare le maestre che fino a febbraio la accoglievano in braccio, ma loro indietreggiano, non possono. Crisi di panico. Non si può rifiutare un abbraccio a 3 anni! Ansia! Paura. Insonnia. Mostri sotto al letto e sul soffitto. Un nemico invisibile e tremendo.
La grande con "didattica a distanza": a scuola con zoom o con meet, non c'è interazione, non c'è comunicazione, non c'è spazio per le domande. Microfoni spenti per non disturbare. Compiti davanti a uno schermo! Poche nozioni a imbuto, senza interazione. Cosa ne penserebbe qualunque pedagogista sano di mente!? E "mettere in punizione" davvero la piccola perché in quelle ore non può giocare, non può disturbare, deve stare a cuccia, davanti alla tv. Di nuovo sensi di colpa, stavolta miei: ho fallito. Come madre, che non sa prendere in prestito la Terra dei suoi figli.
Se tutto questo può sembrare un discorso da mamma depressa, integro con un'immagine che ultimamente mi frulla insistentemente nella testa: una crisalide. Non bruco, non farfalla. Un momento sospeso, forse anche doloroso: si parla di morte... ma è vera morte?
In biologia si dice che quasi tutte le cellule del bruco muoiano, restano solo cellule immaginali (bello anche il termine tecnico!) che completano la metamorfosi.
Non voglio tornare alla vita di prima.
Anzi, mi accorgo che per molti versi mi stava stretta.
È dolorosa questa crisalide, letteralmente un parto.
Ho paura di ciò che verrà, come fosse un corso accelerato di sopravvivenza psicofisica. Ma ho anche fiducia in qualcosa di collettivo che sta cambiando il mondo, non l'armonia del mondo (cosa molto diversa seppur sottile!).
Curioso come in due mesi possa cambiare tutto [ndr.la lettera è stata scritta a Maggio 2020], anche l'accezione di alcuni termini. Da linguista trovo curioso che ad esempio "positivo" venga ora subito collegato a uno stato di malattia, piuttosto che a una bella cosa; e "tamponare" non indica più un piccolo incidente, ma un test di malattia.
In passato, dopo un giorno di sciopero, i media avrebbero fatto subito denuncia di quante migliaia di dollari sono stati persi per l'economia... oggi sono più di due mesi che quasi nessuno lavora... la forma mentis che cambia. Positivo, negativo? Cambia. Con tutte queste norme da protocollo, temo che diventi presto più importante apparire che essere. Dimostrare di indossare un paio di guanti in estate piuttosto che lavarsi spesso le mani... essere? Chi essere?
Sicuramente c'è più propensione al giudizio, al cercare un colpevole, un capro espiatorio, al governo ladro, al si stava meglio quando si stava peggio... bla bla bla.
Essere. Esserci. Penso all'enorme senso di solitudine che si può provare seppur convivendo e viceversa al senso di vicinanza con chi ti sente con il cuore a diversi chilometri di distanza.
Esserci non solo col corpo ma mente e cuore, con lo spirito Shin.
Il nuovo mantra: Esserci quando è il momento, non quando hai un momento". Essere verso Avere, oggi come non mai.